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Una finestra sulla vita del Monastero
HomeASCOLTO DELLA PAROLAIV DOMENICA DI PASQUA – LECTIO – ANNO A

Dal Vangelo di Giovanni 10,1-10

In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».

Esegesi

Gesù si trova ancora a Gerusalemme per la festa delle Capanne. Nell’ultimo giorno della festa aveva svelato la sua identità nel luogo sacro, il tempio: «Prima che Abramo fosse Io sono» (8,58). Aveva poi guarito il cieco nato per manifestare le opere di Dio (c. 9). Ora si dichiara il «Buon Pastore», che accoglie nella sua Chiesa i vari ciechi che hanno ricuperato la vista credendo in lui e facendosi battezzare, e che per questo sono scacciati dalla sinagoga. Le due parole fondamentali di questa parabola sono «recinto» e «porta». I recinti delle pecore erano fatti di un muricciolo dotato di una porta stretta, che dava la possibilità ai pastori di contare le pecore, che di notte venivano da loro affidate al custode. Al mattino seguente il custode apriva loro la porta del recinto ed essi chiamavano le loro pecore. Queste conoscevano solo la voce del loro pastore e seguivano solo lui, non gli estranei. Mentre uscivano il pastore le contava perché poteva accadere che durante la notte i banditi avessero scavalcato il recinto facendo razzia delle pecore.

     Nella Bibbia, però, la parola «recinto» non viene usata mai per indicare un luogo destinato agli animali, ma lo spazio dove, durante l’Esodo, si trovava la Tenda del Convegno. Più tardi il termine indicava i cortili del tempio. Gesù quindi si sta riferendo alle istituzioni di Israele, che nella Legge hanno la loro massima espressione.

     Per i farisei la legge era un luogo dove si poteva entrare e basta: era un luogo chiuso. Le pecore, l’intero popolo d’Israele, dovevano entrare solo in questo recinto, sottostando alle loro interpretazioni della legge, che generalmente erano molto gravose. Questo recinto per Gesù ha una «porta», dalla quale egli chiama le sue pecore una per una facendole uscire. Altre pecore che si trovano in quel recinto non conoscono la sua voce o non la vogliono ascoltare. Le sue pecore invece lo seguono, Gesù rivela inoltre di essere la «porta» non del recinto, ma del tempio di Dio. Nessuno può entrare nella casa di Dio senza passare per Gesù. Lui è l’unico che può condurre alla salvezza le pecore. Chi sta in lui sperimenta la libertà: «entrerà e uscirà e troverà pascolo» (v. 9). Solo lui è in grado di donare la vita eterna. Nessun altro invece ha il potere di donare la vita.

Meditazione

     La quarta domenica di Pasqua contempla il Risorto quale pastore della chiesa. Il pastore indica al gregge la via da percorrere e il Cristo-Pastore indica alla chiesa la via che essa deve seguire. Via che, secondo la prima lettura, si chiama conversione.«Convertitevi» (Metanoésate: At 2,38), risponde Pietro alle folle di Gerusalemme che gli chiedevano: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?» (At 2,37). L’attività pastorale degli apostoli suscita un itinerario che, a partire dall’ascolto della parola predicata e dalla fede, si dipana in alcune tappe: conversione; battesimo; remissione dei peccati; effusione dello Spirito. Tutto questo conduce all’aggregazione alla comunità cristiana (At 2,41). La seconda lettura mostra il modello di questo cammino di salvezza: Cristo. Il Cristo che ha sofferto la passione e la morte lascia ai suoi seguaci un tracciato affinché seguano le sue orme (1 Pt 2,21). Così essi, come pecore prima smarrite, possono tornare al loro pastore e custode (1 Pt 2,25). Il vangelo ribadisce che Cristo è la porta attraverso cui deve passare il cammino del discepolo: si tratta di un cammino spirituale di ascolto, sequela e conoscenza del Signore.

    La rivelazione di Gesù quale pastore diviene anche giudizio di chi è ladro, brigante, estraneo. Se il pastore Gesù è venuto per dare la vita e perché gli uomini abbiano la vita in abbondanza, ladri e briganti invece vengono per «rubare, sacrificare (CEI: uccidere) e far perire» (Gv 10,10). Di costoro Gesù dice che «sono venuti prima di me», ma questo non va inteso in senso cronologico, quasi che si riferisse ai personaggi della prima alleanza. Ignazio di Antiochia ha compreso bene: «Cristo è la porta del Padre, attraverso la quale entrano Abramo, Isacco e Giacobbe, i profeti, gli apostoli e la chiesa» (Ai Filadelfiesi IX, 1). Si tratta invece dei falsi messia che si presentano agli uomini avanzando la pretesa di essere dei salvatori: quand’anche venissero dopo (cronologicamente) rispetto a Gesù, essi rientrerebbero nel novero degli usurpatori qui intravisti. Il criterio discriminante che dice l’autenticità della missione è nel sottrarre per sé o nel donare, nel portare morte o nel portare vita. In particolare viene condannato il sacrificare: ovvero, il togliere vita in nome di Dio, il servirsi delle persone per fini religiosi fino ad annientarle, l’usare il nome di Dio e la religione per fare violenza, il togliere la libertà alle persone dando forma nuova agli antichi sacrifici umani.

Ladro e brigante è chi si erge a padrone del gregge considerando «sue» le persone che appartengono a Cristo. Il Sal 100 recita: «Riconoscete che il Signore è Dio, è lui che ci ha fatto e non noi, noi siamo suo popolo e gregge del suo pascolo» (Sal 100,3). Non noi, ma tu, Signore; non io, ma tu, Signore. Questa confessione della nostra radicale povertà – non io, ma tu -, è anche la condizione della preghiera, il movimento della fede e dell’amore che nasce dalla rivelazione che Gesù, il Cristo crocifisso e risorto, è il pastore delle pecore.            Gesù si autodefinisce porta delle pecore, cioè per le pecore, non porta del recinto. Il termine «recinto» è espresso in greco dal vocabolo aule che si riferisce normalmente non a un ovile, ma al vestibolo davanti al tabernacolo o al Tempio (Es 27,9; 2Cr 6,13; 11,16; Ap 11,12). Ovvero, la porta che immette nella comunione con Dio non è il tempio di Gerusalemme, ma il Cristo morto e risorto. Se Cristo è la porta che conduce alla salvezza (Gv 10,9) e se la porta fa parte dell’edificio a cui permette l’accesso, Gesù è al tempo stesso il mediatore della salvezza e la salvezza stessa. Gesù è la Via verso il Padre, ma è anche la Vita (Gv 14,6): in Gesù troviamo la vita del Padre. Il pastore «fa uscire» le sue pecore (10,3: Vulgata: educit). 

Il pastore immette in un cammino di esodo, dunque di liberazione. Compito del pastore è educare alla libertà. Egli chiama per nome ciascuna delle sue pecore e le educa conducendole a vivere in nome proprio. L’educazione è il luogo dell’assunzione della responsabilità nei confronti di chi viene dopo di noi; è uno degli aspetti del ministero.

Preghiera

Gesù, pastore e pascolo dei tuoi fedeli, guida sicura e sentiero di vita, tu che conosci tutti per nome e ci chiami ogni giorno a uno a uno, rendici capaci di riconoscere la tua voce, di sentire il calore della tua presenza che ci avvolge, anche quando la strada è angusta, impraticabile, e la notte profonda, interminabile. Seguendoti senza resistenze e senza paure, giungeremo ai prati verdeggianti, alle fresche sorgenti della tua dimora, dove tu ci farai bere e riposare.


Per l’elaborazione della «lectio» di questa domenica, oltre al nostro materiale di archivio, ci siamo serviti di:

Temi di predicazione. Omelie. Ciclo A, Napoli, Editrice Domenicana Italiana, 2004;2007-.

Messalino festivo dell’Assemblea, Bologna, EDB, 2007.

– Comunità domenicana di Santa Maria delle Grazie, La grazia della predicazione. Tempo di Quaresima e Tempo di Pasqua, in «Allegato redazionale alla Rivista del Clero Italiano»  95 (2014) 2, pp.67.

– C.M. MARTINI, Incontro al Signore risorto. Il cuore dello spirito cristiano, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2009.

– E. BIANCHI et al., Eucaristia e Parola. Testi per le celebrazioni eucaristiche. Tempo ordinario anno A, Milano, Vita e Pensiero, 2010.

– F. ARMELLI, Ascoltarti è una festa. Le letture domenicali spiegate alla comunità. Anno A, Padova, Messaggero, 2001.

– J. RATZINGER/BENEDETTO XVI, Gesù di Nazaret, Milano, Rizzoli, 2007.

– J. RATZINGER/BENEDETTO XVI, Gesù di Nazaret. Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2011.

– J. RATZINGER/BENEDETTO XVI, L’infanzia di Gesù, Milano/Città del Vaticano, Rizzoli/Libreria Editrice Vaticana, 2012.

– J.M. BERGOGLIO – PAPA FRANCESCO, Matteo, il Vangelo del compimento, a cura di Gianfranco Venturi, LEV 2016.

– UFFICIO LITURGICO NAZIONALE (CEI), Svuotò se stesso… Da ricco che era si è fatto povero per voi. Sussidio CEI quaresima-pasqua 2014.